Gemellaggio Enogastronomico
ITALIA-ISRAELE
“Essere o non essere non è questione da compromesso. O sei oppure non sei.”
(Golda Meir)
Un robusto sentiero unisce le Terre Apuane con Gerusalemme: già molti secoli fa tracce di insediamenti ebraici nella valle del Magra e i racconti dei pellegrini in transito sulla Francigena ci parlano di usi e costumi che poi diventano tradizione anche nei cibi.
L’uso dei non lievitati nella cucina ebraica come nella nostra, con testaroli , panigacci e focaccette di mais; l’uso dei ceci per la preparazione del gustoso Humus condito con olio extra vergine di oliva così come nella nostra Farinata (o Cecina o Calda Calda…); i vini delle nostre ripide colline del Candia dei Colli Apuani, la cui coltivazione dura e faticosa assomiglia a quella dei terreni rocciosi in Israele, anch’essi dissodati con uguale sacrificio, ma in grado di donare fragranze variegate che ben si abbinano ad una cucina popolare semplice, gustosa e sana.
Vogliamo passare qualche ora in amicizia e in compagnia di esperti Israeliani e Apuani per conoscere e condividere le nostre radici, ascoltare storie di cibo, di vino e coltivare insieme la speranza in un mondo migliore, di dialogo, di pace. Magari, chissà, il prossimo incontro sarà a Gerusalemme…
Il Cibo
IL CIBO
La Farinata o Cecina
La farinata di ceci, conosciuta anche come fainè, fainà (in ligure) o cecìna e torta di ceci, è una torta salata molto bassa, preparata con farina di ceci, acqua, sale e olio extravergine di oliva.
Si tratta di un piatto italiano tipico della tradizione ligure e toscana. In Liguria prende il nome di fainâ. A Pisa, Lucca e in Versilia è conosciuta con l’appellativo di cecìna, a Livorno come torta di ceci o, più semplicemente, torta, come “calda calda” a Massa e a Carrara, come socca a Nizza o come cade a Tolone, in Francia, nel Basso Piemonte e in particolare nella provincia di Alessandria dove nel Tortonese è anche chiamata belecauda.
IL CIBO
L’Hummus
L’hummus (in arabo: حمص بالطحينة hummus bi tahina) è una salsa a base di pasta di ceci e pasta di semi di sesamo (tahina) aromatizzata con olio di oliva, aglio, succo di limone e paprica, semi di cumino (in arabo كمون, kamun) in polvere e prezzemolo finemente tritato. La preparazione tradizionale prevede l’utilizzo di mortaio e pestello, ma per comodità e praticità abbiamo preferito mostrarvi il metodo più semplice con il frullatore. Sempre per questo motivo abbiamo optato per la tahina già pronta, facilmente reperibile in tutti i supermercati, ma chi desidera troverà in fondo alla ricetta i passaggi per realizzarla in casa, a partire dai semi di sesamo tostati.
IL CIBO
Focaccette di mais
Le focaccette di Aulla sono di farina di grano e granturco, cotte in testi di terracotta. Di forma rotonda di circa 15 cm di diametro e spessore di circa 1-2 cm, hanno un colore bruno-dorato e un profumo fragrante
Si preparano mescolando farina di grano e farina di granturco, amalgamando con sale, lievito naturale e acqua, fino ad ottenere un impasto che viene fatto lievitare. La pasta viene poi divisa in porzioni adeguate e schiacciata fino ad avere formelle spesse circa 1 cm. Poste sui testi di terracotta che vengono messi sul fuoco per la cottura, le focaccette vengono girate una volta e poi rimesse sul fuoco per altri due minuti.
Preferibilmente, le focaccette di Aulla si consumano ancora calde accompagnate da formaggi freschi e salumi.
IL CIBO
I Testaroli
testaroli sono un antico primo piatto originario della Lunigiana. Nel complesso panorama gastronomico lunigianese, caratterizzato tradizionalmente da cibi poveri, ricavati dalla magra economia locale di stampo prettamente agricolo, il testarolo è venuto alla ribalta nel secondo dopoguerra grazie alla produzione industriale, la quale, per definizione, permette la realizzazione di grandi numeri per la prima volta.
Sono fatti con acqua, farina e sale (anticamente farro)[senza fonte] e si preparano mescolando gli ingredienti in una pastella fluida cotta a legna per alcuni minuti a formare una specie di crespella di alcuni millimetri di spessore. La cottura avviene in particolari contenitori chiamati testi, anch’essi di origine antica, un tempo in terracotta o in ghisa.
IL CIBO
I Panigacci
I Panigacci hanno origini molto antiche, sono diffusi nella Lunigiana e nella Riviera ligure di levante, ma hanno i natali nel paese di Podenzana, dove è stato costituito un consorzio tra i ristoratori, per mantenere inalterato il sapore antico di questo semplice prodotto.
Sono fatti con acqua, farina e sale e si preparano mescolando gli ingredienti fino ad ottenere una pastella fluida. Tale pastella viene quindi versata nei testi, precedentemente lasciati arroventare su di un fuoco vivace, tipicamente in un falò o in un forno a legna. Quando sono roventi al calor rosso, viene fatta una pila di testi, in modo tale che stando nel mezzo la pastella si cuocia sui due lati. I panigacci si servono in cestini di vimini e usati come companatico di salumi e formaggi cremosi.
IL CIBO
le vigne del Candia dei colli Apuani
Il mito racconta che i vitigni del Candia giungano sulle barche dei coloni Greci dall’omonimo Comune dell’Isola di Creta. Il mito trova una sua verità storica nei racconti di alcuni storici che affermano che sul Colle dell’attuale Monte Libero, il cuore della produzione del Candia, sorgesse l’antico tempio dedicato ad Ercole, monumento riportato nella Tabula Peuntingeriana e mai collocato in un sito geografico.
Candia al vertice dei vini estremi. Le Colline del Candia s’impongono nella storia della viticoltura durante la 27esima edizione del Mondial des Vins Extremes in Valle d’Aosta, dove hanno partecipato ben 919 vini provenienti da aziende di 25 paesi.
La viticoltura eroica toscana “cresce” in condizioni estreme tra vigneti irraggiungibili e lavoro solo manuale.
IL CIBO
I Vigneti d’Israele
Durante i secoli del dominio islamico la produzione d’alcool era bandita in accordo alle leggi sulla dieta islamica. Gli antichi vigneti che erano coltivati nel paese non venivano usati per la produzione di vino ma solo per il consumo dell’uva.
Durante l’insediamento europeo nella seconda metà del XIX secolo, i nomi delle varietà d’uva coltivati dagli arabi erano: Hevroni, Dabouki, Marawi, Halbani, Sharwishi, Hamdani, Jandali tra quelle a bacca bianca mentre Zeitani, Karkashani, Razaki, Karashi, Baladi per l’uva rossa. La maggior parte erano coltivate a Betlemme o Hebron.
Oggi, Il Vino israeliano è prodotto da centinaia di cantine, che variano da piccole imprese artigianali a grandi aziende producendo oltre 10 milioni di bottiglie all’anno.